Pochi giorni fa ero in un’azienda a discutere una strategia per introdurre una serie di nuovi processi per aumentare i livello di efficienza interno nei confronti dei clienti.
In questo momento non è importante cosa stessimo progettando esattamente, quello che è importante è che dopo pochi minuti di conversazione si è creato un clima di terrore da parte di alcuni elementi dell’azienda.
E non sto parlando di persone “di una certa età” o di quelli che l’amico e collega Enrico Piacentini ama definire “tardivi digitali“. Parlo di persone giovani, sotto i quarant’anni, figli di quella che già è una sorta di normalità tecnologica per la loro generazione.
Questo clima di terrore misto a tensione, rivelava un dato importante: c’era una forte preoccupazione per introdurre i nuovi processi. Non importava quanto semplificante potesse diventare nel medio periodo, o quanto questo livello di innovazione potesse aumentare drammaticamente l’efficienza dell’azienda (e il lavoro dei singoli). Il punto continuava a rimanere uno solo: una (apparentemente) inspiegabile e incurabile paura.
Questa paura prendeva forma in alcuni presupposti chiusi che provo a riassumerti di seguito. Con una sola avvertenza: non giudicarli, in diverse forme, sono presenti in tutti noi e in tutte le aziende. Anche in quelle più innovative. Perché la paura del cambiamento è umana. Ma ci ritorniamo tra poco.
Conosco i miei clienti e a loro non piacerà
Questo è uno dei primi presupposti per cui, secondo alcuni, non bisognerebbe cambiare procedure, metodi o anche solo gli approcci. Il cliente è lo scudo dietro il quale ci nascondiamo per non affrontare qualcosa di nostro, di intimamente nostro: la paura di sbagliare, di fallire e di non avere più l’approvazione di qualcuno, in questo caso i nostri clienti. In alcuni casi, dietro questa affermazione, ci può essere la paura di perdere dei privilegi (provvigioni, relazione speciale con alcuni clienti, etc.).
È tosta, me ne rendo conto, ma si può guarire.
La procedura è troppo difficile
Oggi il problema della complessità esiste solo se si vuole costruire intenzionalmente un’architettura difficile da gestire. Tendenzialmente oggi abbiamo tutti gli strumenti per gestire la complessità rendendola davvero semplice, per chiunque.
Allacciarsi le scarpe è ancora una delle attività più difficili al mondo assieme al contarsi i capelli e toccarsi i gomiti con la punta del naso. Ma mentre stai leggendo questa cosa la tentazione di provare a farlo è davvero fortissima, vero? Questo perché è nella natura umana sfidare i limiti. Poi ci sono alcuni di noi che il limite lo guardano e decidono di rimanere nella loro area di comodità.
Nella tua vita puoi fare quello che vuoi, ma quando si tratta di un’azienda l’intento per cui è nata non è rimanere entro i limiti, ma crescere. E per crescere bisogna sfidarsi, ogni tanto.
Siamo sicuri che ci conviene? Non è troppo costosa? Abbiamo già una soluzione simile.
Questo è uno degli approcci più prudenti, ma anche dei meno trasparenti. Dietro un’apparente ragionevolezza si cela il fantasma della pigrizia mentale, quella che porta ad un comodo divano chiamato “immobilità“. Perpetuare uno standard ferraginoso, per il semplice fatto che “si è sempre fatto così” è come dire a tuo figlio:
“non serve che ti impegni a prendere voti migliori, puoi vivere tranquillamente con tutti sei e qualche insufficienza”.
Adattare il vecchio standard a nuovi obiettivi è altrettanto controproducente. Si rimane nella propria area di comfort e l’azienda non cresce. Si mette qualche pezza, ma l’obiettivo non può essere mai mettere le pezze. Sei d’accordo?
Che tu lo sia o meno, non devi credere a me. Se il discorso che ho fatto fino a qui ti fa incazzare oppure di infastidisce anche solo un po’, sappi che è normale. Ma non devi discutere con me, non devi darmi ragione e non devi credermi. La fede va usata per qualcosa di più grande.
Tutto quello che c’è da fare è essere trasparenti e sinceri con se stessi, analizzare il quadro aziendale con occhi critici e guardare ad obiettivi a medio e lungo termine.
Come gestire in modo sereno ed efficiente il cambiamento in azienda
Qualcuno potrebbe dirti che le cose o si fanno o non si fanno. Una volta ero anche io così, sono i pregi e i difetti della gioventù. Pensa che non avrei mai nemmeno pensato di sentirlo dire da me, invece… si cambia. Già.
La prima notizia è che il cambiamento è inevitabile. Sia a livello personale che aziendale. Ci ho scritto persino un libro, se ti va vai a vedere su Amazon o sui canali che ritieni più opportuni.
Appurata questa semplice ovvietà, ecco cosa ti consiglio di fare per gestire il cambiamento in azienda in modo tale che sia condiviso.
Il cambiamento si gestisce partendo dagli obiettivi
Non dalle necessità o dai desideri. Parti dagli obiettivi.
Condividi con il tuo team, con il CDA, con le figure apicali dell’azienda quelli che sono i traguardi che ti aspetti di raggiungere per l’azienda.
Non parlare mai degli strumenti, delle soluzioni che adotterete o dei tecnicismi. Limitati ad illustrare il percorso in termini di vantaggi per l’azienda una volta che quei traguardi saranno raggiunti.
Condividi una visione non un progetto. Lavora sulla cultura e sul mindset.
Pensare di confrontarsi solo sugli aspetti pratici è l’ennesima trappola. Ovviamente bisogna poi procedere in direzioni concrete, ma mentre stai lavorando nella prima fase è necessario staccarsi dai particolarismi e lavorare sugli aspetti culturali.
Organizza sessioni di formazione anche conversazionale, piccoli workshop, momenti formativi brevi per stimolare riflessioni semplici. Ingaggia esperti che spieghino quelli che sono gli atteggiamenti mentali necessari per affrontare il futuro prossimo immediato.
Ti ricordo un dato che mi ha trasmesso Daniele Marconetto di Wellnet:
Nel 2024 la potenza di calcolo delle intelligenze artificiali sarà in grado di equiparare quella del cervello umano.
Nessuno e nessuna professione sarà esclusa da valutazioni sulla base di questa informazione. Far finta che il mondo non cambierà mai è quantomeno miope.
Per questo è importante continuare ad imparare e a mantenere viva l’attenzione del tuo team su temi di attualità digitale.
Crea una road map per il cambiamento
Tutti gli obiettivi devono avere delle caratteristiche semplici, una di queste è la collocazione nel tempo.
Dai una scadenza temporale al cambiamento che vuoi attuare e mettila sul calendario. Deve essere realistica e praticabile, ma non troppo comoda (rimandare è una prerogativa italiana, proviamo ad aggirare noi stessi, ogni tanto).
Crea delle milestones, dei traguardi intermedi che consentano di lavorare su progetti più circoscritti e aggredibili.
A volte la paura del cambiamento spesso è qualcosa che ci paralizza per le dimensioni del cambiamento stesso.
Anche in questa fase non parlare di strumenti, tecniche o tecnologie. Limitati agli obiettivi.
Quando possibile crea gruppi di lavoro dedicati o, comunque, riduci i dibattiti
“La democrazia è un sistema imperfetto”, disse Churchill e io sono assolutamente d’accordo. Tuttavia è il solo che abbiamo che garantisca la pluralità e la contaminazione.
L’errore che fanno spesso molti giovani team è quello di voler avere l’approvazione di tutti. Raramente è così nella vita. Non possiamo piacere a tutti e non tutti ci daranno sempre ragione. Facciamo pace con questa cosa.
Nelle fasi di cambiamento di un’azienda bisogna prendere delle decisioni. Giuste o sbagliate che siano tocca all’imprenditore prendersene la responsabilità e, nel farlo, non deve chiedere il permesso a nessuno. Ci si confronta (in alcuni momenti), si condivide (in alcuni momenti) ci si può anche scontrare (in alcune circostanze), ma poi le cose vanno fatte.
That’s it.
Se puoi crea piccoli team di lavoro su temi specifici (software, hardware, testing, raccolta feedback clienti, etc.). Crea momenti di analisi specifici e circoscritti con quei team. Una volta che hai dati stabilisci chi è davvero importante che venga coinvolto nelle fasi successive.
Fai diventare questo cambiamento la normalità
Questa è una delle parti più significative del processo, secondo me.
Se hai fatto un buon lavoro fino a qui allora assicurati che questo modo di lavorare e vivere in azienda diventi un asset e che la cultura del cambiamento e della crescita sia una parte integrante del modus vivendi della tua organizzazione.
Ci sono molti modi per farlo, possiamo approfondirli se vuoi, ma il punto torna ad essere che il cambiamento, oggi più che mai, è inevitabile. Che ci piaccia o no.
La vera domanda che dobbiamo farci è: questo cambiamento (di qualunque cosa si tratti) vogliamo subirlo o guidarlo?
La tua risposta fa tutta la differenza del mondo, almeno nella tua azienda.