Questo è un argomento scottante per molte, moltissime professioni.
Riguarda i carrozzieri tanto quanto i bancari, ma anche gli esperti di marketing, i web designer e gli avvocati. Per non parlare poi delle categoria di quelli che lavorano nella pubblica amministrazione o nell’ambito medico.
Ogni professionista tende a parlare la lingua dei propri simili, ovvero quella che comprendono solo gli addetti ai lavori, tagliando fuori tutti gli altri. Italo Calvino, nel 1965 scriveva sul Giorno a proposito dell’Antilingua che ti invito a leggere.
Ma, a tutto questo, c’è una cura.
La comunicazione è un processo che prevede la comprensione
Questa non l’ho inventata io, credo nasca dal buon senso.
Ma il buon senso va esercitato, soprattutto se ti fai pagare.
La comunicazione è un processo che coinvolge almeno due attori: uno che invia il messaggio, l’altro che lo riceve e che lo deve elaborare per poi fornire una risposta di qualche tipo allo stimolo ricevuto. Questa operazione richiede però avere codici linguistici comuni a entrambi gli attori. Se questo non accade sperimentiamo la sgradevole sensazione di non comprendere la lingua dell’altro.
Io ho iniziato a lavorare piuttosto presto, avevo 16 anni. Quando aprii il mio primo conto corrente la banca, esattamente come accade ora, mi inviò gli estratti conto e le comunicazioni di servizio. Non capendo un accidente di quello che leggevo, un bel giorno andai in banca e chiesi all’operatore allo sportello di tradurmi quanto leggevo, perché non capivo cosa mi stessero dicendo.
Come potrai immaginare, la spiegazione di quel signore fu identica nello stile e nei modi della corrispondenza della banca. Siccome ero giovane e un po’ tonto ho osato dire: “Non ho capito. Me lo può rispiegare?”
Risultato: me ne sono dovuto andare via con la coda tra le gambe, quasi chiedendo scusa per aver fatto perdere tempo ad un professionista che non poteva stare dietro a me, giovane e ignorante correntista (per di più inutile per i bilanci della banca).
I tempi cambiano, ma noi non ci accontentiamo più, vogliamo persino capire
Brutte notizie per i professionisti di ogni razza e categoria.
Oggi il consumatore, il cliente medio è cambiato, non assomiglia più nemmeno lontanamente a quel sedicenne un po’ tontolone che tutti potevano girare come un calzino. Il consumatore di oggi (di qualsiasi categoria) è più attento, informato e pretende anche di più dai suoi fornitori. Che siano essi avvocati, dentisti, specialisti di marketing o autoriparatori. Il cliente di oggi “pesa” il professionista in base ai modi e alla comunicazione.
La brutta notizia è che questo tipo di cliente pretende una serie di bonus difficilissimi da erogare, ovvero:
- Chiarezza
- Semplicità di linguaggio
- Assenza giustificata di terminologia tecnica in ragione di una maggiore fruibilità pratica delle cose che gli diciamo
Se a questo poi aggiungete anche la capacità di essere empatici, “caldi” quanto basta e informali al punto e nel momento giusto, capite bene che il cliente moderno pretende cose folli, inaccettabili, persino scandalose!
La rivoluzione del linguaggio: riposizionare il cliente al centro
Essere competenti e professionali vuol dire inevitabilmente assorbire i codici linguistici che hanno permeato la nostra formazione, magari per anni. Pensa solo agli studi di medicina. Sono ambiti in cui il linguaggio è fortemente connotato dalla terminologia tecnica, al punto tale che se senti parlare due medici tra di loro puoi uscirne veramente confuso, se non preoccupato.
Ma questa caratterizzazione del linguaggio deve lasciare spazio all’idea che vogliamo posizionare il cliente al centro di tutto. Perché io, il cliente, non sono tenuto a conoscere il tuo linguaggio, mentre tu, professionista, devi parlare il mio, se vuoi che si inneschi la magia.
L’idea che il professionista sia al centro della transazione è un’idea antica.
La reputazione tecnica (il chirurgo bravissimo durante gli interventi) è diversa da quella comunicativa e oggi, che ci piaccia o no, dobbiamo possederle entrambe. Infatti al centro di tutto il processo negoziale, contrattuale e di erogazione del compenso per una prestazione c’è il cliente, non il professionista.
Perché se io non ti capisco, se tu non riesci o non vuoi impegnarti a farti capire, come pretendi che io mi fidi di te?